Carlo Lucarelli, ospite del Festival Internazionale della letteratura di Podgorica, edizione 2025, per il quotidiano “Dan”:
1. Come autore, romanziere o giornalista televisivo, è riconosciuto per la sua dedizione al genere poliziesco. Da dove nasce l’interesse per questo genere e come è iniziato il tutto? È lei che ha scelto il genere “noir” o è lui che ha scelto Lei?
Tutte e due le cose. Mia mamma era una grande lettrice e fin da quando ero bambino tutte le volte che incontrava un romanzo che le piaceva me lo passava senza etichettarlo, un giallo, un romanzo d’amore, fantascienza, diceva solo a me è piaciuto. Col tempo mi sono accorto che quelli che mi appassionavano di più erano i romanzi che avevano a che fare con qualcosa di misterioso ed inquietante e non mi raccontavano tutto subito. Insomma, quelli che chiamiamo “noir”. Così quando ho avuto io un’idea che mi sarebbe piaciuto raccontare ho scelto quel modo. Insomma, il genere mi ha scelto come lettore, io l’ho scelto poi come scrittore.
2. Perché, secondo Lei, le persone amano i misteri, le situazioni e gli eventi inspiegabili e poco chiari, anche se ne hanno un po’ paura? Cosa c’è nella natura umana che spinge una persona ad andare verso l’ignoto?
Credo che sia la paura. La paura di quello che accade o che potrebbe accadere nella metà oscura delle nostre vite e del mondo in cui viviamo. È un sentimento importante, quello della paura, perché non ci lascia indifferenti. Possiamo fare due cose, scappare, rinchiuderci da qualche parte, oppure andare a vedere, che è la cosa più giusta, ma non possiamo far finta di niente. Andare a vedere è alla base della nostra attrazione per l’ignoto e il mistero, e quando si tratta di storie inventate, per quanto più che mai realistiche, quel brivido diventa anche piacevole.
3. Quanto, e in che modo, è sostanzialmente diverso scrivere un romanzo classico rispetto a un soggetto per la televisione o un fumetto?
La base della narrazione è sempre la stessa, le storie si raccontano più o meno sempre allo stesso modo, cambia il ritmo, l’accento da mettere su una parte piuttosto che un’altra, ma credo che fino dalla preistoria, nella caverna, attorno al fuoco, col buio della notte fuori, ci sia stato qualcuno che si è alzato e ha cominciato a raccontare una storia, da un punto ad un altro, facendo le giuste pause. Cambia il metodo, quello sì, anzi, in un certo senso la grammatica, come se si usasse un’altra lingua. Fumetto o fiction si muovono su altri binari che non sono solo le righe di un testo scritto. Ci sono punti di forza e di debolezza, nei vari linguaggi, che dobbiamo imparare ad usare.
4. Come è arrivato a scrivere anche per i fumetti? Di solito influisce in qualche modo sulla creazione visiva dei personaggi e sulla sceneggiatura o lascia tutto al disegnatore e allo sceneggiatore? In particolare riguardo a “Julian”, cosa ne pensa del lavoro realizzato da Stefano Fantelli e da Marcello Mangiantini?
Sono arrivato ai fumetti perché me l’hanno chiesto, come tutte le altre avventure in cui mi sono trovato al di là dei romanzi. Nel caso del fumetto ho cominciato con Giampiero Casertano e Onofrio Catacchio, che mi hanno chiesto di sviluppare un’idea e un personaggio per una storia da raccontare con tavole, vignette e disegni. Lì sono stato anche uno sceneggiatore, per quanto principiante. Anche Dylan Dog l’ho affrontato perché me l’avevano chiesto ma ci stavo mettendo così tanto a sceneggiarlo, terrorizzato da un linguaggio anche tecnico che continua a farmi paura, che Sclavi ha preso il soggetto e l’ha sceneggiato lui, magistralmente. Per Julian, è stata una proposta di Stefano Fantelli di mettere su tavole un mio racconto che gli era particolarmente piaciuto. Sono stato felicissimo di collaborare con Stefano e Marcello Mangiantini, di cui conoscevo il lavoro. Vedere il mio Julian realizzato da loro è stato un grande piacere e una grandissima soddisfazione.
5. Questa è la sua prima volta in Montenegro? Quanto conosce la realtà del nostro Paese? Come giornalista, ma anche come scrittore, la intriga questo Paese?? Ha delle aspettative anche di pubblico, e in che misura??
È la mia prima volta in Montenegro e sono entusiasta, perché è un paese che non conosco ma che so essere molto bello e molto interessante. Non vedo l’ora di scoprirlo assieme alla mia famiglia.
6. Possiamo sperare che, dopo aver visto il nostro Paese, parte della trama di una sua nuova opera sia ambientata qui in Montenegro?
Mi piacerebbe molto e magari accadrà. Ci sono posti che hanno una loro magia e sono sicuro che il Montenegro è uno di quelli. Scoprirlo e lasciarsi meravigliare dalla scoperta è il modo più bello ed efficace per farsi venire delle idee. Scusatemi, però, se tra fascino e bellezza ci scapperà comunque qualche morto. In fondo, sono sempre uno scrittore di noir.